22 Giu La guerra avanza anche nei posti di lavoro
Alcune notizie – ignorate dai grandi media o rimaste in secondo piano – confermano come il settore della produzione di armi anche in Italia stia collezionando risultati straordinariamente positivi, e di come in generale tutta l’industria di guerra sia in frenetica espansione, anche in quei settori illegali o semi-illegali che sino a pochi mesi fa sembravano poco significativi.
Unica resistenza concreta arriva proprio dai lavoratori, in particolare da quelli della logistica civile e dei trasporti, che si trovano a lavorare con esplosivi e bombe in condizioni scarsissima sicurezza.
Brescia-Montichiari, un altro aeroporto militarizzato? – I lavoratori dell’aeroporto civile di Montichiari hanno denunciato l’arrivo, previsto per il prossimo 30 giugno, di un cargo della compagnia azera Silk Way West proveniente da Baku (Azerbaijan) che caricherà oltre 50 t di materiale militare. La destinazione annunciata del volo charter è l’aeroporto di Krasnovodsk in Turkmenistan.
Fonti dell’Unione sindacale di base (USB) – che sull’argomento ha pubblicato un comunicato stampa lo scorso 16 giugno – precisano che a Montichiari verranno imbarcati missili e bombe provenienti da Salerno.
Si potrebbe trattare, dunque, di materiale realizzato nello stabilimento MBDA di Bacoli, dove in effetti si producono i missili del programma “Camm-Er” (Extended range), che hanno sostituito gli Aspide.
Va ricordato che l’aeroporto di Brescia-Montichiari è dotato di un caveau di 1500 m² con una propria area bunker interna di 580 m², dotazioni che generano un numero importante di voli charter soprattutto per trasporto di armamenti, usati anche da Beretta e Leonardo, storici fornitori delle forze armate turkmene.
La nave dell’esercito al servizio della guerra ucraina – I lavoratori del porto di Bari segnalano che il cargo maltese Severine è di nuovo approdato in porto, dopo un viaggio che l’ha portato da Salerno (dov’era il 12 giugno) a Alexandroupoli (arrivo il 16 giugno) e dopo due giorni di sosta nel porto greco all’approdo di Bari.
Com’è noto – Weapon Watch ne ha già dato notizia in un articolo dello scorso marzo – si tratta di una nave ro-ro di proprietà di un armatore-ombra registrato in Lussemburgo (ShipLux VIII SA) e affittata dal Ministero della Difesa attraverso un contratto vinto da Dsv, grande gruppo danese erede di Saima-Avandero e da sempre vincitore dei ricchi appalti della difesa italiana.
Si confermano così i sospetti già denunciati nei mesi scorsi dai lavoratori del porto di Monfalcone, che questa nave stia facendo la spola per portare armamenti e munizioni fino al porto greco di Alexandroupoli, terminale di approvvigionamento sotto controllo USA per la guerra ucraina. Da Alexandroupoli parte infatti la via terrestre (su strada o ferrovia) verso nord, che attraversa Bulgaria e Romania per giungere sino al confine meridionale dell’Ucraina.
Obici in movimento – Lavoratori e cittadini soprattutto in Veneto e Friuli continuano a segnalare il costante andirivieni di obici semoventi italiani M109L nei collegamenti ferroviari con l’Est Europa. Tra gli scali ferroviari coinvolti quello di Villa Opicina, presso Trieste.
Il Financial Times ha riportato le lamentele dei militari ucraini circa lo stato pressoché inservibile degli obici italiani inviati in Ucraina e che peraltro il Ministero della difesa aveva classificato come di “non conveniente riparazione” e destinati ad essere revisionati in Ucraina.
Una notizia ignorata dai media italiani – L’Italia e la Lombardia in particolare si stanno rivelando un crocevia del commercio illegale delle armi.
È passata inosservata una recente notizia diffusa dalla Radio svizzera italiana (RSI), relativa all’arresto alla frontiera di Chiasso-Brogeda di un ex poliziotto ucraino trovato in possesso di oltre 170.000 euro, in banconote da 50 imballate sottovuoto.
La notizia è stata tenuta segreta per due mesi, durante i quali il ministero pubblico ticinese ha indagato sulle dichiarazioni rilasciate dall’uomo, tuttora detenuto nel carcere svizzero della Farera.
Esponente di una rete “informale” internazionale diffusa in tutt’Europa, ha dichiarato di aver compiuto in soli quattro mesi acquisti di fucili Beretta, visori notturni e droni per ben 4 milioni di euro, con denaro ricevuto in Belgio e destinato a intermediari in Italia, Grecia e Romania, contando sulla copertura dei doganieri ucraini.
Al momento dell’arresto stava recandosi a Milano.