12 Mag Armamenti USA, da Livorno verso… la guerra infinita
Ne aveva dato notizia «Il Tirreno» lo scorso 5 aprile: il porto toscano è il punto di transito di ingenti quantità di materiale militare USA, in particolare mezzi gommati e container. La vicinanza di Camp Darby, la più grande base militare americana fuori del territorio USA, ha promosso Livorno come la piattaforma girevole da cui si muovono le pedine del grande risiko del Pentagono.
La conferma ce l’hanno data i portuali di Livorno. Già da sabato 4 maggio sulle banchine del porto erano preparati centinaia di container e di mezzi, soprattutto M-Atv, gli All Terrain Vehicles resistenti alle mine fabbricati da Oshkosh che stanno sostituendo i vecchi Humvee. Alcuni riportavano la scritta “Fort Steward”, nome di una base militare in Georgia dove è di stanza la 3a Divisione di Fanteria dell’esercito americano. Veicoli dello stesso genere erano stati notati a fine marzo a bordo nella nave saudita «Bahri Abha», scaricati a Genova proprio per raggiungere via terra Camp Darby (vedi il precedente articolo di WW). Sembrano tutti far parte, dunque, di una grande operazione logistica in corso da settimane.
Finalmente lunedì 6 maggio è arrivata in porto la nave «Ocean Jazz», battente bandiera americana, gestita come ship manager da una società di Tampa, Florida, e di proprietà da circa un anno del WILMINGTON TRUST CO. con sede a WIlmington, Delaware. Fa parte di una flotta gestita sotto l’etichetta US OCEAN Lcc., soprattutto al servizio delle logistica del Dipartimento della DIfesa USA. La nave proveniva da Charlestone, South Carolina, da dove era partita il 18 aprile. Al Molo Italia nel bacino livornese è arrivata pressoché vuota, e qui è stata “lavorata” per una settimana, senza utilizzare i grandi portelloni di poppa per il materiale rotabile, di cui pure la nave è dotata. Container con livree desert e stemmi della 3a Divisione, etichette dangerous, motrici e semirimorchi, camion cisterna, caterpillar gommati, stacker (elevatori per container), M-Atv e materiale fuori sagoma sono stati imbarcati pezzo per pezzo mediante le grandi gru di bordo.
Tecnicamente, la «Ocean Jazz» è una heavy-lift general purpose, una tipologia di nave dotata di potenti gru di bordo, adatta alle operazioni portuali in “autoproduzione”, cioè con il personale di bordo e anche in mancanza di strutture di terra efficaci, quelle indispensabili per accogliere una moderna nave car carrier o un traghetto. La scelta di questa tipologia potrebbe essere collegata a una destinazione non convenzionale, a uno sbarco in condizioni difficili o senza assistenza a terra. Così come potrebbe esser conseguenza della scarsa disponibilità di navi di diversa tipologia, visti gli alti costi e le tensioni nel segmento di mercato ro-ro.
Da notare che pochi mesi fa la «Ocean Jazz» è stata al centro di un “attacco” degli Houthi yemeniti, attacco rivendicato il 22 gennaio 2024 attraverso la loro emittente televisiva al-Masirah, che trasmette da Beirut in collaborazione con Hezbollah, ma smentito dal comando della 5a Flotta: la nave è transitata attraverso il Mar Rosso in piena tranquillità, costantemente seguita dai radar delle cannoniere americane e britanniche che sorvegliano la rotta Suez-Aden. Anche in quell’occasione la «Ocean Jazz» era noleggiata dal Military Sealift Command della Marina statunitense, che gestisce navi “non combattenti” con equipaggio civile nei servizi di trasporto oceanico per conto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
Sabato 11 maggio la nave è salpata alle 10 del mattino, senza dichiarare la propria destinazione. Il transponder AIS segnalava “for orders” (in attesa di ordini) come successiva destinazione. Nei giorni seguenti abbiamo seguito la rotta della «Ocean Jazz» attraverso il Tirreno in direzione sud, quindi al passaggio dello Stretto di Sicilia in direzione est.. Alle prime ore del giorno 15 maggio si è presentata di fronte al porto di Alessandropoli, nella Grecia orientale, che abbiamo ripetutamente segnalato come hub per le operazioni USA a sostegno dell’Ucraina, ed è anche frequentato dalle navi italiane che hanno consegnato materiale militare da inviare al governo di Kiev.
C’è da chiedersi se le autorità italiane conoscessero in anticipo il tipo di carico e la sua destinazione finale. In questo caso non si possono proprio trincerare dietro l’ipocrisia del “limite doganale”, qui completamente valicato, poiché il materiale militare è stato imbarcato a partire dal territorio italiano, in un porto commerciale posto al di fuori di qualsiasi extra-territorialità concessa alla base militare americana di Camp Darby, e con il supporto logistico-organizzativo di un’azienda come MarterNeri Spa, società che il Dipartimento della Difesa americano ha inserito nella lista 2024 dei propri fornitori autorizzati. Consentire il transito o autorizzare l’invio di armamenti destinati ad alimentare un sanguiniso conflitto è contrario alla legge italiana e al trattato internazionale sul commercio delle armi, e i governi che hanno proceduto in deroga a tali leggi e trattati non hanno neppure affrontato il dibattito e il voto del parlamento.