06 Ott Dalla “nave della morte” ad Aviano
La nave saudita «Bahri Abha», passata da Genova pochi giorni fa, ha scaricato in porto un macchinario speciale che sappiamo destinato alla Base aerea USAF di Aviano.
Si tratta di un cosiddetto K-loader, un “caricatore di merci” per aerei costituito da una piattaforma idraulica elevabile, che si muove su ruote sterzanti a 180°. Lungo circa 13 metri, può sollevare 27 t a 5,5 metri di altezza, e a pieno carico muoversi a una velocità sino a 37 km/h grazie a un motore turbodiesel Mercedes V6 da 350 HP. È stato fabbricato nello stabilimento di Saint Louis, Missouri, della società DRS Sustainment Systems Inc.
La DRS Sustainment Systems è di fatto interamente controllata dalla Leonardo Spa, azienda a capitale pubblico, campione italiano della difesa-aerospazio. Però non la controlla direttamente, bensì attraverso una serie di società “scatole cinesi”: a cominciare da Engineered Support Systems Inc., che è controllata al 100% da Leonardo DRS, a sua volta controllata al 100% da Leonardo US Holding, che finalmente è controllata al 100% da Leonardo Spa, il cui pacchetto azionario principale (30,2%) è in mano al Ministero delle Finanze della Repubblica italiana. Cioè in mani pubbliche.
Tuttavia nei fogli illustrativi del Tunner 60K (nome commerciale del mezzo) si legge: «The products identified herein are controlled for export under the U.S. Export Administration Regulations (EAR) and may not be exported or transferred to any non-U.S. Person, country or entity, by any means, without prior authorization from the U.S. Department of Commerce, Bureau of Industry and Security (BIS)».
Sembrerebbe tutto normale, si tratta di un prodotto statunitense con applicazioni militari, e anche l’invio su territorio italiano non cambia le rigide misure di sicurezza e controllo a cui deve sottostare la sua esportazione all’estero. Quanto alla base di Aviano, è utilizzata dall’aviazione militare USA sulla base di uno Status of Forces Agreement (SOFA) firmato settant’anni fa per legalizzare la presenza di truppe straniere sul territorio italiano, ed è stata in più occasioni trasformata e ingrandita dagli americani, tanto da ospitare oggi un deposito sotterraneo blindato di bombe atomiche. Tuttavia, la base di Aviano è formalmente una infrastruttura militare italiana, e le stesse bombe bombe nucleari B-61-12 LEP di ultima generazione potranno essere sganciate da piloti degli F-35A dell’Aeronautica militare italiana di stanza a Ghedi-Brescia e a Amendola-Foggia.
Rimane la sorpresa di vedere un trasferimento marittimo su una “nave della morte” saudita per portare in Italia – destinato a una base militare italiana – dagli Stati Uniti un mezzo meccanico come se ne costruiscono anche in Italia, e anche si esportano per impieghi militari negli stessi Stati Uniti (per esempio da un’azienda come la Aviogei di Ariccia). E tutto questo avviene sotto il marchio DRS, azienda per il cui acquisto Finmeccanica (cioè lo stato italiano, cioè noi) sborsò nel 2008 l’astronomica cifra di 3,5 miliardi di €, con la motivazione del grande apporto di tecnologie avanzate ma con la velenosa clausola del proxy agreement, cioè accettando una catena di comando esclusivamente composta di cittadini statunitensi e per di più dotati di nullaosta di sicurezza, non rimovibili da parte della controllante italiana.
È un piccolo esempio ma è anche un’altra conferma di come la grande industria della difesa italiana abbia da tempo imboccato la strada di investire negli Stati Uniti, per ottenere in cambio ordinativi militari e civili da sviluppare solo in parte in Italia – dagli F-35 assemblati a Cameri alle fusoliere del Boeing Dreamliner a Grottaglie – e rafforzare così «l’accesso diretto e il solido rapporto con i clienti militare statunitensi», come aveva ammesso l’allora presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini nel 2008.
Le fotografie di denuncia di questo ennesimo carico di morte delle navi Bahri assistite in Italia dall’agenzia marittima Delta del Gruppo Gastaldi e sbarcato nel Terminal GMT, sono opera come sempre del coraggio e della ostinazione dei lavoratori portuali genovesi.
In senso orario: A. il frontale e la cabina di comando del K-loader; B. il fianco destro del K-loader, non gommato e caricato su un semirimorchio ribassato adatto al successivo trasporto stradale; C. il banco motore del K-loader, con l’indicazione della destinazione e della nave d’imbarco; D. la piastrina identificativa del modello secondo la classificazione tecnica USAF (A/S 32H) e del fabbricante (DRS Sustainment Systems Inc. di St. Louis, Missouri).