26 Set Se le navi non si fermano, le guerre non si fermano
Anche oggi una nave piena di armi è passata per il porto di Genova.
La nave «Bahri Abha» ha fatto scalo al molo GMT carica di bombe e armamenti pesanti fabbricati negli Stati Uniti e destinati alla Guardia nazionale saudita.
Nei garage vi sono molte file di blindati LAV 700, armored personal carrier 8×8. I sauditi ne hanno acquistati per 13 miliardi di $, garantendo lavoro per quattordici anni alla fabbrica canadese di London, Ontario, del gruppo General Dynamic. Sulla «Abha» sono riconoscibili sia versioni anti-tank che configurazioni FSV (fire support vehicle), mediamente il costo medio di ciascun LAV saudita è 9,3 milioni di $.
Sono presenti inoltre almeno quattro elicotteri UH-60 Black Hawk modello ‘M’, ben rizzati e sotto teli protettivi. Non sappiamo se fanno parte del lotto di 17 UH-60M acquistati nel 2018 per 11,4 milioni di $ ciascuno, oppure se sono tra i 25 Black Hawk della Guardia nazionale sottoposti a modifiche, contratto da 100 milioni di $ con Sikorsky che darà lavoro fino a tutto il 2024 alla fabbrica di Statford, Connecticut.
Sul ponte della nave, come al solito, sono sistemati container con esplosivi, alcuni probabilmente diretti verso il porto di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, scalo recentemente aggiunto alle abituali rotte delle “navi della morte” di Bahri.
Con molti artifici legali e politici si tenta di farci percepire questi passaggi come “normali” e di routine, e quindi di non darne notizia all’opinione pubblica affinché possano scivolare nell’ombra.
Invece ognuno di questi passaggi ha una grande rilevanza, e fa bene il Collettivo portuale genovese a ribadirlo ogni volta, a ogni passaggio. Ci ricorda che il nostro paese vuole contribuire a una guerra lontana, che apparentemente non ci riguarda, in Yemen (dov’è lo Yemen? che capitale, quali città ha? quanti milioni di abitanti? che lingua parlano? di cosa vivono?). Eppure il nostro paese partecipa a questa guerra attivamente, per decisione delle autorità dello Stato e di un governo sostenuto da rappresentanti politici eletti, vuole anch’esso vendere armi a paesi – come il regno saudita e gli emirati del Golfo – governati da sovrani assoluti e retti con leggi barbariche, in cui si prevede la pena di morte (anche mediante crocifissione) per “reati” come l’omosessualità, la stregoneria, l’apostasia, e in cui si pratica l’omicidio politico per far tacere i dissidenti. A riprova di questa pertinace volontà italiana, si vedano gli imponenti schieramenti di forze dell’ordine, che ad ogni passaggio presidiano il porto di Genova per “sventare” ogni possibile protesta antimilitarista e nonviolenta.
Sottolineiamo qui il fatto che il passaggio delle “navi della morte” Bahri non crea lavoro nel nostro paese per nessuna azienda esportatrice di armamenti o di apparati per la difesa. Quelle navi oggi trasportano esclusivamente sistemi militari e munizioni fabbricati negli Stati Uniti e in Canada, e raramente munizioni caricate nel porto spagnolo di Sagunto.
Collaborando attivamente alle guerre in corso – dallo Yemen alla Palestina, dalla Libia all’Ucraina – il nostro paese non “difende” valori, non “protegge” popolazioni civili, non “sostiene” oppositori. Molto più prosaicamente, favorisce gli interessi economici di aziende gigantesche protette da governi potentissimi, a cui nulla si può rifiutare, anzi di cui si implora l’amicizia anche quando si capisce che minano la nostra economia e distruggono l’ambiente in cui viviamo.
Naturalmente qualcuno prospera a danno di molti. Infatti – come riferiamo nella nostra pagina Facebook – l’Agenzia marittima Delta, che gestisce i passaggi delle navi Bahri da Genova, ha chiuso il bilancio dell’esercizio 2021 con un utile netto del 32,1%, un risultato straordinario anche rispetto all’ottimo 2020 (26,8%), e ha distribuito un dividendo di 2,5 milioni di €, cifra che sfiora quella dello stesso fatturato 2021.
Questo è niente rispetto alle industrie della difesa USA. Nel maggio 2019 – quando i portuali genovesi diedero l’esempio fermando una nave saudita – le azioni della Lockheed Martin (proprietaria di Sikorsky Aircraft) valevano 338 $ alla Borsa di New York, quelle di General Dynamics (che produce i LAV 700) 130 $, mentre quelle di National Shipping Company of Saudi Arabia (poi divenuta Bahri) quotate alla Borsa di Riyadh valevano 20 ryal . Oggi rispettivamente valgono 404 $, 219 $ e 27 ryal, cioè con aumenti rispettivi del 19,5, 68,5 e 35%.
Negli ultimi tre trimestri General Dynamic ha accumulato utili netti superiori a 3 miliardi di $ al trimestre (8,4-8,6% del fatturato), Lockheed Martin ha oscillato tra 4,7 e 6,3 miliardi di $ (7,3-9,5%).