05 Mag Nessuno ha competenza sulle armi in transito
Cronistoria delle richieste di the Weapon Watch alle autorità perché rendano trasparenti i transiti delle armi nel porto di Genova
The Weapon Watch ha come scopo principale quello di contribuire alla trasparenza di tutto ciò che passa per i porti, in Italia e in Europa, in particolare se si tratta di armi. Il porto è un bene pubblico, per quanto in questi decenni se ne siano ampiamente privatizzati sia le strutture che il lavoro, tant’è vero che a dirigere i porti – cioè le autorità di sistema portuale – sono funzionari pubblici di nomina governativa, e non amministratori delegati di società con sede all’estero.
Per questo abbiamo sempre pensato che tutto ciò che riguarda un porto riguarda anche la città che gli sta attorno, che del porto vive e anche ne sopporta la congestione, che al porto destina risorse sottratte ad altri servizi e utenti. Per questo Weapon Watch continua a interrogare le autorità perché si renda pubblico il passaggio attraverso i porti di armi e munizioni: gli esplosivi possono mettere in pericolo lavoratori e abitanti, le armi possono coinvolgere il nostro paese in conflitti militari in corso, in entrambi i casi le conseguenze possono essere molto gravi e durature.
Abbiamo cominciato da Genova. Nel febbraio 2020 Weapon Watch ha presentato la prima richiesta di “accesso agli atti” relativa al passaggio di una nave della compagnia saudita Bahri (è stata pubblicata integralmente sul nostro sito web, la si può leggere qui) indirizzata a tre destinatari: l’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale, la Direzione marittima di Genova e la Prefettura di Genova. La lettera è stata inviata per conoscenza anche alla Filt-Cgil (a Genova e alla sede nazionale di Roma).
Il 17 febbraio 2020 abbiamo presentato anche un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova per la valutazione di eventuali illeciti di rilevanza penale con contestuale adozione di provvedimenti urgenti.
I termini per la risposta all’accesso agli atti sono di 90 giorni.
Tuttavia già l’11 marzo 2020 ci è arrivata la risposta della Prefettura, in cui il prefetto vicario Romeo scrive: «Si precisa che questa Prefettura, come noto, non è competente iI termini per la risposta all’accesso agli atti sono di 90 giorni.n merito a quanto richiesto. Sul punto le specifiche competenze sono riconducibili all’adozione di eventuali atti qualora dovessero verificarsi le condizioni di cui all’art. 16 della Legge 185/1990».
L’art. 16 citato è relativo al “transito e introduzione nel territorio dello Stato dei materiali di armamento soggetti alle disposizioni di pubblica sicurezza”: al comma 1 precisa che le disposizioni della legge 185 «non si applicano ai casi di attraversamento nel territorio dello Stato dei materiali di armamento di cui all’articolo 2, oggetto di transazioni commerciali all’estero da parte di soggetti residenti in Stati terzi»; e al comma 2 afferma che «In tali casi, nonché in ogni altro caso di introduzione nel territorio dello Stato dei materiali di armamento di cui al comma 1 che non debbono varcare a qualsiasi titolo la linea doganale e che sono destinati ad altri paesi, si applicano, sempreché i materiali stessi siano iscritti a manifesto, esclusivamente le disposizioni dei commi terzo e quarto dell’articolo 28 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 , e dell’articolo 40 del relativo regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635. A sua volta l’art. 28 del R.D. del 1931 impone di dare avviso al Prefetto del trasporto delle armi all’interno del territorio dello Stato; e l’art. 40 del R.D. 1940 obbliga a indicare origine e destinazione, specie e quantità dei materiali da guerra.
Il 16 marzo 2020 giunge anche la risposta della Direzione marittima, ovvero della Capitaneria di porto di Genova, sezione Tecnica, Sicurezza e Difesa Costiera. Vi si legge che «i profili di interesse e competenza di questa Autorità Marittima afferiscono ai soli aspetti inerenti la sicurezza della navigazione. In merito, verificata l’idoneità della nave e dell’equipaggio in relazione ai predetti aspetti, non si ravvisano ulteriori aspetti da evidenziare in relazione alla richiesta».
Invece l’Autorità portuale non ha risposto alla nostra richiesta. Così nel novembre 2021 inoltriamo una seconda richiesta di accesso agli atti. A questa seconda richiesta l’Autorità portuale risponderà solo il 13 aprile 2022, dopo che tramite il suo legale l’associazione the Weapon Watch ha presentato un’istanza di riesame all’Ufficio anticorruzione e trasparenza del’AdSP. Facciamo notare che pochi giorni prima, sabato 2 aprile 2022, a Genova si è svolta una “marcia della pace” partita dal sagrato della cattedrale di San Lorenzo e salutata dalla presenza di due vescovi e di numerose associazioni laiche e religiose, oltre che da un consistente numero di partecipanti, che si è conclusa proprio di fronte alla sede dell’AdSP genovese, con la consegna simbolica di una lettera aperta al presidente Signorini.
Il tenore della risposta dell’AdSP di Genova è laconico: «A riscontro della Vs. richiesta di accesso documentale -allegata- e successivo sollecito, si rappresenta che l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale non è in possesso dei documenti richiesti, in quanto non attinenti l’esercizio delle funzioni di competenza, vertendosi -si presume- su merci pericolose in transito, di competenza della Capitaneria di Porto».
I documenti richiesti sono quelli relativi al carico delle navi Bahri, «Bill of Lading, Shipping Cargo, Cargo Manifest ed ogni altro documento attestante natura, qualità, quantità e destinazione della merce trasportata, con riferimento ad armamenti ed esplosivi» (così nella nostra richiesta), quelli cioè a cui fa riferimento il comma 2 dell’art. 16 della legge 185 citato nella risposta della Prefettura.
Ricapitolando.
La risposta prefettizia ci dice che la legge 185 non si applica al caso delle navi Bahri in transito, ma che il manifesto di carico deve riportare l’elenco dei materiali da guerra che le navi trasportano e il transito sia effettuato con licenza di esportazione del paese d’origine. Dunque la Prefettura è in possesso della documentazione relativa.
La Capitaneria di porto si dichiara competente solo per la sicurezza della navigazione.
L’Autorità portuale dichiara che competente è la Capitaneria qualora si tratti dei soli materiali esplosivi, e afferma di non possedere la documentazione richiesta.
Nessuna delle autorità ha fatto riferimento al Trattato internazionale sul commercio delle armi, sebbene sia in vigore dal dicembre 2014 e il parlamento italiano l’abbia sottoscritto e ratificato sin dall’aprile 2014.
In oltre due anni, la Procura della Repubblica di Genova non ha preso alcun provvedimento, se non quello di indagare per associazione a delinquere alcuni componenti del Calp, rei di aver protestato contro l’arrivo delle navi Bahri.
Abbiamo passato il nostro materiale al Gruppo Misto-Manifesta della Camera, ne è scaturita un’interrogazione a risposta scritta co-firmata dalle deputate Ehm, Suriano, Sarli e Benedetti, presentata il 19 aprile scorso. È stata rivolta al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Attendiamo la risposta.