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11 Mar quella in ucraina, una delle molte guerre
Il compito primario di Weapon Watch è di informare l’opinione pubblica circa gli armamenti che passano attraverso i porti e alimentano le guerre, rafforzano le dittature, contribuiscono a reprimere le proteste popolari.
In questo momento di grave crisi internazionale, tuttavia, i nostri “osservatori” non colgono significative evidenze di armi in transito attraverso i porti italiani. Negli ultimi dieci giorni abbiamo osservato:
– un convoglio di camion militari nuovi di fabbrica, marchio Iveco Defence, in partenza da Genova per Tunisi, una delle tranche di una maxi-commessa di 500 veicoli militari 4×4 e 6×6 (valore 53 milioni di €) per il Ministero della difesa tunisino, di cui abbiamo già visto recentemente altre consegne;
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– una spedizione da Trieste di shelter Leonardo, probabilmente centri controllo per droni o di comando e comunicazione, diretti al porto di Salalah, nel sultanato di Oman;
– alcuni carri armati arrivati a Genova da Palermo e in transito per Vercelli, e probabilmente destinati come residuati militari per il parco acquatico di Aqaba, in Giordania (nell’Underwater Military Museum Dive Site i visitatori subacquei possono “visitare” carri armati, blindati, elicotteri, aerei collocati nei fondali corallini…).
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Se per il momento non si sono osservati massicci trasferimenti di sistemi d’arma via mare verso l’Ucraina è perché quella marittima è una logistica più lenta, richiede una più complessa pianificazione, e consente un’economia di scala riservata solitamente a carri armati e blindati, elicotteri, voluminosi apparati di telecomunicazione e comando, grandi quantità di munizionamento pesante. Per inviare armi destinate alla resistenza ucraina il governo italiano, invece, ha voluto seguire una via più rapida e flessibile, servendosi per ora soltanto di mezzi aerei.
La Rete italiana pace e disarmo, insieme all’Osservatorio Opal di Brescia e a Weapon Watch, ha denunciato lo scorso 7 marzo (vedi qui il comunicato stampa) la partecipazione di velivoli militari italiani al ponte aereo internazionale in corso, che sta raccogliendo un imponente arsenale attorno all’aeroporto di Rzeszow-Jasionka, nella Polonia orientale. L’Aeronautica militare italiana vi dedica tre voli giornalieri dall’aeroporto di Pisa San Giusto con due aerei (un Hercules e un Boeing KC-767A). Sull’aeroporto di Resovia – dove dal 5 febbraio opera un comando logistico Usa, protetto da 1800 parà – stanno convergendo i cargo militari di Regno Unito, Belgio, Spagna, Francia, Canada ecc., mentre altri grandi vettori civili airlift decollati da Marsiglia-Istres, da Lipsia, dall’Estonia stanno portando materiale a Constanta, porto rumeno sul Mar Nero.
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Quale materiale sta affluendo ai confini dell’Ucraina invasa? Secondo quanto riportato dal Washington Post, da dicembre gli Stati Uniti stanno rifornendo l’esercito ucraino di armi leggere e attrezzature da combattimento in aree urbane (fucili M500, lanciagranate Mk 19, bazooka anti-bunker M 141, M134 Minugun), tute speciali per sminamento, sistemi missilistici antiaereo Stinger e anticarro Javelin e relativo munizionamento. Con tutta probabilità è questa la tipologia degli aiuti militari che anche gli alleati europei della NATO stanno spedendo in Ucraina, a cui vanno aggiunte le migliaia di NLAW (anticarro di nuova generazione) consegnate da Regno Unito e Lussemburgo. Segnaliamo qui la pericolosità e la facile dispersione in mani non controllabili dei sistemi leggeri “usa e getta”, come insegna il caso degli Stinger inviati ai mujaheddin afgani negli anni ottanta, in parte passati poi alle reti terroriste islamiche.
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Lo sforzo logistico aereo a sostegno dell’Ucraina, per quanto sia massiccio e intenso, tuttavia è una piccola porzione del flusso quotidiano che, principalmente nella modalità marittima, continua ad alimentare il trasferimento di armi pesanti e leggere dal cosiddetto Occidente verso i paesi in via di sviluppo. Se guardiamo al solo export italiano di armi leggere, munizioni e bombe, nel 2021 secondo Istat è aumentato del 40% rispetto all’anno precedente. Il Qatar è divenuto il secondo paese acquirente, quadruplicando in un anno gli acquisti così come gli Emirati Arabi Uniti (5° posto), mentre dall’11a alla 23a posizione troviamo Egitto, Turkmenistan, Brasile, Pakistan, Russia (+56,6%), Singapore, Israele, Kuwait, Marocco e India. Se consideriamo l’aerospazio, tra i primi dieci acquirenti nel 2021 troviamo Kuwait (3° posto), Egitto (5°), Turkmenistan (6°), Qatar (8°), Arabia Saudita (9°), tutti con consistenti programmi militari pluriennali.
La crisi ucraina non deve farci perdere la prospettiva d’insieme: oltre ai cinque maggiori conflitti armati in corso (Afghanistan, Yemen, Myanmar, Tigrai, Ucraina), altri 18 minori si stanno svolgendo soprattutto in Africa e Asia, insieme a un’ulteriore ventina di guerre a bassa intensità.