21 Gen DOSSIER SUL CASO DELLA NAVE «EOLIKA»
Una vecchia e malandata “carretta del mare”, con tre container di munizioni di fabbricazione italiana destinati in Centroamerica, è stata sequestrata a Dakar, in Senegal.
È una goccia nel grande mare in movimento del quotidiano commercio di armamenti, ma è una goccia che improvvisamente è diventata visibile come un “traffico”, e per questo merita qualche approfondimento.
LA NAVE «EOLIKA»
Un primo aspetto da approfondire riguarda proprio la nave, che nonostante le piccole dimensioni non doveva sfuggire all’attenzione di chi ha assistito al suo passaggio nel porto della Spezia, fornendole rimorchiatori, guardia ai fuochi e persino scorta di polizia in banchina.
È sufficiente consultare qualche sito open source per venire a conoscenza che la «Eolika» dal giugno 2019 a oggi ha sostenuto ben sette ispezioni di port state control, cioè di verifica delle condizioni di sicurezza della navigazione e del lavoro a bordo, di cui sei hanno rilevato deficienze e dato orgine a due detentions. Per limitarsi solo all’ultima ispezione, svoltasi a Mykonos (Grecia) il 25 ottobre 2021, sono state rilevate deficienze non di poco conto, riguardanti la documentazione, la manutenzione del sistema d’ancora, la poca dimestichezza con le comunicazioni radio e lo stato di corrosione del ponte.
Nell’ispezione in corso a Dakar, le carenze già rilevate al momento in cui scriviamo sono undici, la prima in elenco – la più macroscopica anche se ci si volesse limitare a una controllo meramente formale e documentale – riguarda la registrazione ovvero la bandiera della Repubblica Cooperativa della Guyana sotto cui naviga la «Eolika» dal giugno 2021, Non doveva sfuggire agli addetti ai lavori, a cui di certo l’agente marittimo avrà dovuto presentare le carte per “accettazione” e “spedizione” della nave (cioè per la sua entrata e uscita dal porto), l’ambiguità di questa bandiera “minore”.
Dopo la diffusione mediatica del “caso Eolika”, l’Amministrazione marittima della Guyana (MARAD) è intervenuta per precisare che la nave non è presente nel proprio registro navale, avanzando la supposizione che i documenti di registrazione della nave possano essere stati emessi dall’Agenzia internazionale per la sicurezza marittima della Guyana (IMSAG), un’entità con cui l’amministrazione ha interrotto tutti i legami dal 13 agosto 2021.
Secondo il suo sito web ufficiale, IMSAG Inc. e le sue affiliate forniscono supporto tecnico e amministrativo marittimo internazionale alla Repubblica della Guyana. Tuttavia, MARAD ha affermato che da quando ha interrotto i legami, ha notificato a tutti gli organismi e le organizzazioni regionali e internazionali l’effettiva risoluzione di tutti gli accordi con IMSAG. Ha inoltre informato che i certificati di registrazione rilasciati alle navi da IMSAG potrebbero non essere validi.” Di conseguenza, diverse navi sono state trattenute in vari porti per documenti di registrazione falsi”, ha affermato MARAD. L’ente marittimo ha affermato, tuttavia, che monitorerà attivamente questo incidente e che “non risparmierà alcuno sforzo per proteggere l’immagine della bandiera della Guyana”.
L’AREA OPERATIVA DELLA NAVE
Abbiamo già accennato che per età (39 anni) e dimensioni (meno di 1.000 t di stazza lorda), la «Eolika» non sembra adatta a portare a termine una traversata atlantica, che peraltro nella sua lunga carriera – secondo il sito specializzato Marine Traffic – non ha mai affrontato. Dal 2019 la sua area operativa è stata esclusivamente quella mediterranea e del Mar Nero, in precedenza anche delle coste dell’Europa occidentale, ma sempre praticando quel cabotaggio che è strettamente connesso alla pratica contrattuale del tramping, cioè dell’affitto “a viaggio” e/o per un dato carico.
ARMATORI, GESTORI ED EQUIPAGGIO
I sospetti sarebbe divenuti certezze se si fosse prestata attenzione alla compagine umana che gestisce e risponde della nave e del suo utilizzo.
A quanto rivelano le fonti di polizia senegalesi, i membri dell’equipaggio sono stati arrestati e sono stati rivelati i nomi di tre cittadini ucraini. Tre. Questo era tutto il personale viaggiante sulla «Eolika», e questo l’equipaggio che avrebbe dovuto attraversare l’Atlantico, alla velocità massima (teorica) di 11 nodi all’ora.
Le stesse fonti hanno annunciato anche l’arresto del cittadino greco Theodoros Rellos, il “manager” della nave, recatosi a Dakar per pagare l’ammenda e riprendersi la nave ma lì fermato dalle autorità. È la persona fisica a cui fa capo la società FAST MARINE Corp. che gestisce la nave per conto dell’armatore IMTRACO OVERSEAS SWITZERLAND, entrambe registrate in Grecia e allo stesso indirizzo, Leof. Dimokratias 249 della cittadina di Acarne (periferia dell’area metropolitana di Atene), in un ufficetto minuscolo. Del resto le due società sono state create per acquistare nel giugno 2021 questa vecchia nave, che cambiava nome da «Eurika» a «Eolika» (solo due lettere da cambiare, a poppa e sui documenti) il giorno 8 agosto 2021, cinque giorni prima che IMSAG perdesse il riconoscimento del MARAD della Guyana.
Il signor Rellos è del mestiere, è diplomato all’Accademia della Marina mercantile di Aspropyrgos, ha navigato e gestito altre agenzie marittime. Il suo nome dovrebbe esser già segnalato alle polizie marittime europee, perché nel 2018 è stato protagonista di una vicenda legata a un carico di ben 410 t di esplosivi, 27 container caricati sulla nave «Andromeda»: secondo le autorità greche, che lo hanno arrestato e tenuto a lungo in prigione, erano state caricate in Turchia e dovevano essere portate in Libia, contravvenendo all’embargo militare nternazionale; secondo l’interessato, erano destinate a clienti etiopi che poi non avrebbero provveduto a pagare il transito attraverso Suez.
IL CARICATORE
Il carico imbarcato alla Spezia sulla «Eolika» era costituito da tre container di munizioni per armi leggere, cal.. 9 e cal. 5.56, dalla FIOCCHI MUNIZIONI Spa di Lecco, azienda di rinomanza mondiale e tra i maggiori esportatori militari italiani, oltre 140 milioni di € di fatturato, oltre 700 dipendenti in Italia più due stabilimenti negli Stati Uniti.
Era stato accettato dalla dogana di Como, quindi portato su gomma alla Spezia. Destinazione finale dichiarata: Repubblica Domenicana. L’Autorità portuale sostiene che in porto tutte le operazioni si siano svolte correttamente, l’azienda sostiene che erano in parte destinate ai corpi di polizia dominicani, in parte alle forze armate domenicane. Ne deduciamo che solo per una parte della spedizione era stata richiesta l’autorizzazione all’esportazione fornita da UAMA secondo la legge 185/90, che concerne – si noti – solo il materiale militare; per il restante l’autorizzazione dovrebbe essere stata richiesta alla Prefettura di Lecco, competente per le munizioni comuni non militari.
Colpisce che in un comunicato ufficiale pubblicato il 20 gennaio, la Fiocchi Munizioni affermi che «ha commissionato il trasporto diretto a destino con previsione di scalo tecnico in Spagna e non ha ricevuto notifica preventiva dell’esigenza dello scalo a Dakar, di cui ad oggi ignora ancora le motivazioni», e più avanti nello stesso comunicato «lamenta un danno reputazionale ed economico ingente». Sembra dunque di capire che l’azienda non si sia servita di un operatore logistico integrato, ma abbia organizzato la spedizione in proprio ovvero attraverso uno spedizioniere commissionario. Inoltre, l’ingente danno economico che lamenta si motiverebbe solo se la spedizione non fosse stata assicurata, come di solito avviene per le esportazioni di un rilevante ammontare. 4,5 milioni di € di merce da inviare su un mercato centroamericano avrebbero giustificato una maggior cautela e forse il supporto di SACE, società controllata da Cassa Depositi e Prestiti specializzata nell’assicurazione dei crediti all’esportazione.
E’ davvero possibile che un’azienda prestigiosa si comporti così sconsideratamente da consegnare un delicato carico di munizioni utilizzabili da armi da guerra a un pregiudicato operatore greco, che dispone solo di una nave vecchia e sotto osservazione delle autorità marittime (ma non di quelle italiane…) e di un equipaggio di tre marittimi ucraini?
STORIA DI UN COMMERCIO OGGI FUORILEGGE
Per alcuni versi, il caso della «Eolika» porta alla ribalta un lontano episodio, legato al commercio delle mine anti-uomo prodotte dalla VALSELLA MECCANOTECNICA di Castenedolo (Brescia). La protesta in Italia e fuori contro quel tipo di munizioni e quel commercio – che aveva portato la Valsella a vendere mine anti-uomo durante la guerra Iran-Iraq a entrambi i contendenti – fornì sostegno al largo accordo tra i partiti sul progetto di legge per il controllo e la regolamentazione del commercio di armi, poi divenuta la legge 185 promulgata nel 1990; e in seguito portò alla firma del Trattato di Ottawa, che ha bandito questo genere di armi. L’episodio, poco conosciuto, riguarda alcuni militanti nonviolenti che in quegli anni ricostruirono la “catena logistica” delle mine Valsella, giungendo a seguire i camion dell’azienda per vederne la destinazione. Scoprirono così che questi portavano nottetempo le casse delle mine all’imbarco in un minuscolo porto toscano, Talamone, da cui poi partivano due chiatte per portare le mine al largo, dove attendevano delle piccole navi dotate di gru a bordo: una volta caricate le casse, le navi ripartivano senza aver segnalato l’operazione in mare, a cui pure partecipavano delle vedette dei carabinieri in funzione protettiva.
Che di fronte al porto di Dakar si sia svolta un’analoga operazione in mare, per una destinazione illegale delle munizioni Fiocchi?