22 Mar protestare contro la guerra e’ “associazione a delinquere”?
Siamo in un momento importante, per the Weapon Watch, per gli amici che ci sostengono e per chi si è esposto in prima persona, “con il corpo”, nella protesta nonviolenta contro le “navi di morte” saudite. Polizia e magistratura genovesi hanno deciso di passare all’azione: ora un gruppo di portuali e militanti genovesi è accusato di associazione a delinquere e di avere attentato alla sicurezza dei trasporti per aver lanciato “micidiali” fumogeni contro le navi Bahri al loro arrivo in porto. Interpretiamo l’azione di polizia come un segnale di quanto sia forte e non azzerabile la protesta contro la guerra, di quanto sia insopportabile denunciare la connivenza della politica (si pensi ai viaggi d’affari di Matteo Renzi) e degli operatori economici (dagli agenti marittimi genovesi alla multinazionale Leonardo) con una dittatura come quella del Regno saudita, in cui gli oppositori politici finiscono in galera o assassinati. Segnaliamo che lo stesso trattamento viene contemporaneamente riservato anche agli autori di uno sciopero nel magazzino Fedex-TNT di Piacenza, 29 persone indagate di cui 2 agli arresti domiciliari, 5 con divieto di dimora e 6 con revoca del permesso di soggiorno, accusati – come a Genova – di associazione a delinquere e anch’essi privati di telefoni e computer personali. Lo sciopero di Piacenza era coordinato da una rete sindacale europea. Le proteste nel porto di Genova sono seguite e sostenute in tutti i porti da cui transitano le navi saudite, dal Canada al Nord Europa e al Mediterraneo. Di questa rete internazionale a sostegno dei portuali di Genova e delle conseguenze sulla popolazione civile yemenita delle armi vendute all’Arabia Saudita darà conto proprio stasera, alle 21:20, la trasmissione di Riccardo Iacona, una puntata di “Presa Diretta” (RAI 3) dal titolo assai opportuno: “La dittatura delle armi”.
Riportiamo qui il testo del comicato stampa del CALP:
La Digos ha perquisito le case di alcuni
compagni del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova (CALP)
su ordine della Procura. I reati contestati riguardano la attività
sindacale e antimilitarista in porto, con preciso riferimento alle lotte
nei confronti delle navi saudite Bahri con i suoi carichi di armi
pesanti e esplosivi destinati alla guerra in Yemen e in Siria.
Dallo sciopero indetto due anni fa per bloccare un carico destinato alla
guerra in Yemen su una Bahri, a oggi, passando per la manifestazione di
un anno fa contro il transito di esplosivi a bordo di un’altra Bahri
dagli USA diretto alla guerra siriana, gli armatori sauditi attraverso
l’agenzia genovese Delta e il Terminal GMT avevano chiesto a più riprese
alla Procura la testa dei portuali del CALP. Per quale colpa?
La colpa di avere messo in pratica in questi due anni, con le
associazioni e i movimenti contro la guerra e per i diritti civili ciò
che il Parlamento ha approvato poco dopo lo sciopero nel porto di Genova
del 2019 e confermato alla fine del 2020: lo stop alla vendita di bombe
e missili ad Arabia e Emirati, utilizzati per colpire la popolazione
civile in Yemen.
Nel frattempo, la Procura di Roma, pochi giorni ha aperto un’indagine
contro i responsabili della RWM Italia produttrice degli ordigni e
dell’UAMA, l’agenzia del Ministero degli Esteri che autorizza
l’esportazione di armamenti, a seguito delle morti civili procurate in
Yemen e documentate da Amnesty International. È di questi giorni la
notizia che il Presidente USA Biden ha rivelato che è stato Bin Salman,
Principe della Corona dell’Arabia Saudita, a fare scannare il
giornalista dissidente Kashoggi nel consolato saudita a Istanbul.
La Procura di Genova sostiene che il CALP si è reso colpevole di avere
strumentalizzato la protesta con “dispositivi modificati in modo da
renderli micidiali”. I bengala e i fumogeni utilizzati dai portuali per
attirare l’attenzione sulle navi dalle stive e i ponti piene di armi e
esplosivi diretti a fare stragi sarebbero “micidiali”, non le armi e gli
esplosivi caricati sulle navi. In realtà il CALP ha usato un’arma
“micidiale”, ossia lo sciopero. Questo ha fatto tremare gli armatori e i
terminalisti: non i razzi luminosi e i fumi colorati, ma che il
traffico criminale di armi non sia solo criticato idealmente ma sia
bloccato materialmente dai lavoratori.
Rivolgiamo un invito alla Digos e alla Procura. Ad acquisire
dall’Agenzia Delta e dal Terminal GMT i documenti di carico e di
destinazione delle merci trasportate dalle navi Bahri verso gli Stati
del Medio Oriente, compresa la Turchia che, denunciata dalla stessa
procura per la nave Bana in relazione all’embargo libico, impiega in
Siria contro i civili le armi sbarcate dalle Bahri a Iskenderun. Che in
particolare a segnalino alla Procura di Roma l’Agenzia Delta quale
rappresentante delle navi Bahri che hanno trasportato dall’Italia le
bombe della RWM incriminate per la strage civile procurata in Yemen.
Li invitiamo infine a non essere sottomessi alle denunce di chi con
ipocrisia e arroganza parla di pace ma vive del commercio delle armi,
come ci ha ricordato Papa Francesco: «I lavoratori del porto hanno detto
no. Sono stati bravi! E la nave è tornata a casa sua. Un caso, ma ci
insegna come si deve andare avanti».
COLLETTIVO AUTONOMO LAVORATORI PORTUALI DI GENOVA
Qui il link del video pubblicato dal CALP su FB: