13 Giu la pace entra in porto
Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Alessandro Capuzzo (socio di The Weapon Watch e membro del Comitato pace e convivenza Danilo Dolci di Trieste) a commento dell’estromissione del dottor D’Agostino dall’Autorità Portuale triestina con provvedimento “burocratese” dell’Autorità anticorruzione
Il 27 gennaio 2016 un gruppo di pacifisti presentò una denuncia alla Procura della Repubblica per inosservanza della legge 185/1990 in materia d’esportazione di armi dal porto di Trieste, verso gli Emirati Arabi Uniti.
Nelle scorse settimane siamo venuti a conoscenza dell’esposto prodotto alla Procura di Genova dall’associazione The Weapon Watch, in occasione del boicottaggio nonviolento intentato da un’inedita e fruttuosa alleanza di lavoratori del porto e pacifisti – benedetta perfino dal papa – alla nave saudita Bahri Yanbu, come riportato dalla stampa internazionale nel febbraio scorso.
Abbiamo avuto modo così di constatare come il lavoro contro i traffici illegali di armi nella nostra città abbia avuto riscontro, poichè nell’esposto genovese viene citata ad esempio la regolamentazione in materia istituita da Autorità portuale e Capitaneria di Porto di Trieste. Regolamentazione emanata a seguito della denuncia pacifista supportata dai dati Istat sui traffici portuali, con la consulenza di Giorgio Beretta dell’Osservatorio sulle armi leggere di Brescia.
Ecco il passo dell’esposto genovese che ci riguarda, allegato in integrale.
Il transito nel porto di Genova di navi che abbiano a bordo merci pericolose è regolato dal capitolo 2 del Regolamento Allegato all’ordinanza n° 123/2004 della Capitaneria di Porto di Genova in vigore dal 1.6.2004. Notiamo qui che, a differenza di altri porti italiani, l’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale non si è coordinata dal punto di vista normativo al citato Regolamento della CdP, come se non ritenesse di sua competenza una nave che abbia a bordo merci pericolose e su cui però si stiano svolgendo operazioni portuali all’attracco in banchina. A tal proposito si fa qui riferimento – come “buona prassi” da prendere a modello – all’ordinanza congiunta dell’Autorità Portuale e della Capitaneria di Porto di Trieste emanata in data 15.4.2016, relativa specificamente all’ “Imbarco sbarco trasbordo e transito di armi – munizioni – esplosivi”, dove tra l’altro si fa esplicito riferimento già in premessa alla legge 185/90, nonché alle normative relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori, che non vengono altresì citate dal Regolamento della CdP sopra citato.
Un tanto per rendere noto quanto di buono viene realizzato, anche grazie alla competenza del dottor D’Agostino. E mettere le basi per nuove iniziative di miglioramento della sicurezza portuale, e di pace, ad esempio in relazione ai traffici di materiali radioattivi, o alle soste di unità militari nucleari e non che – a rigor di norma – nel nostro porto non ci dovrebbero essere.
Nel novembre 2019 la 2a Marcia mondiale pace e nonviolenza ha realizzato un tratto del percorso in barca a vela sul Mediterraneo occidentale (vedi foto, ripresa nel mare di Provenza). Intendiamo proseguire con nuove iniziative in mare, in sintonia coi Comuni di Dolina Muggia Capodistria Pirano e Umago e in collaborazione con l’Autorità Portuale.Alla quale auspichiamo sia rinnuovata la guida di Zeno D’Agostino. Vista anche la contraddizione sollevata dalla stessa Autorità Nazionale Anti Corruzione, autrice dell’estromissione, che ha segnalato a Governo e Parlamento la criticità della legge in materia.
Presentato esposto alla Procura di Trieste: “indagate sulle spedizioni di bombe all’Arabia Saudita”
Sabato 27 febbraio presso il Comitato pace e convivenza Danilo Dolci di Trieste è stata illustrata una denuncia per inosservanza della legge 185/’90 in materia di esportazione d’armi verso gli Emirati Arabi Unti presentata alla locale Procura della Repubblica.
La denuncia è stata predisposta assieme alla Rete nazionale Disarmo, ed è stata presentata nella nostra città contemporaneamente a Roma Pisa Verona La Spezia e Brescia, dove ha sede l’azienda tedesca RWM fornitrice delle bombe aeree usate in Yemen; da un gruppo di attivisti che rimarcano come dall’Italia, siano partiti armamenti verso la coalizionea guida saudita che ha invaso militarmente lo Yemen.
La notizia di reato, su cui si focalizza il documento presentato a Trieste ed in altre città italiane, è relativa alla violazione dell’articolo 1 della legge 185/90, che vieta l’esportazione di armamenti verso Paesi in conflitto armato o in aperta violazione dei diritti umani.
L’esposto è stato presentato da Luciano Ferluga, Bruna Tam, Alessandro Capuzzo, Fabio Feri, Silvia De Fonzo, Giuliana Vlacci e Massimiliano Ferfoglia, che hanno rimarcato in conferenza stampa come anche dal porto di Trieste, siano partiti carichi di armamenti per un totale di 1.854.100 euro diretti agli Emirati Arabi Uniti, paese che fa parte della coalizione a guida saudita, intervenuta in Yemen senza alcun mandato delle Nazioni Unite.
Trattandosi dell’unico carico di “armamenti e munizioni” partito lo scorso anno da Trieste (fonte ISTAT commercio estero) non dovrebbe essere difficile per le autorità cittadine fare chiarezza su questa spedizione, rendere nota la tipologia e quantità delle armi o munizioni e conoscerne l’utilizzatore finale.
Tornando sul piano generale della questione, è di questi giorni la notizia che il Parlamento Europeo ha votato a favore di un embargo delle forniture d’armi all’Arabia Saudita, per la gravissima emergenza umanitaria determinata dai bombardamenti in Yemen.
La Legge 185 vieta espressamente non solo l’esportazione, ma anche il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, nonchè “verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione”. Nel documento presentato dai sottoscrittori, vengono ricostruite sei spedizioni avvenute nell’arco di pochi mesi e le conseguenti reazioni di politica e società civile, elencando inoltre iniziative legali condotte in altri Paesi da associazioni che hanno rilevato nelle forniture alle forze Saudite una violazione del Trattato Internazionale sugli Armamenti.